La valutazione nella sentenza
In merito al rapporto tra motivazione della sentenza e conclusioni cui giunge la CTU, la giurisprudenza distingue diverse situazioni.
Nel caso in cui il giudice:
– riconosca convincenti le conclusioni cui è giunto il perito e tali conclusioni non siano fatte oggetto di specifiche e motivate censure ad opera delle parti o dei rispettivi CTP, non è tenuto ad esporre specificamente le ragioni del suo convincimento. L’obbligo di motivazione è già assolto con l’indicazione delle fonti del convincimento e quindi con il richiamo alla perizia (Cass. n. 10222/2009).
– intenda aderire alle conclusioni peritali che abbiano già replicato alle contrarie deduzioni delle parti, la motivazione può limitarsi al richiamo dell’elaborato peritale. La perizia dà conto già del percorso logico che sorregge le conclusioni raggiunte e del superamento dei rilievi critici mossi (Cass.n.10123/2009).
– ritenga di condividere le conclusioni peritali pur in presenza di critiche precise e puntuali mosse alla perizia, ed astrattamente idonee ad incidere sulla decisione (e relativamente alle quali la CTU stessa non prende posizione) l’onere di motivazione sarà più pregnante. Il giudice deve giustificare l’adesione alle conclusioni peritali e disattendere le particolareggiate e circostanziate critiche ad esse rivolte (Cass. n. 29208/2008).
– dissenta dalle conclusioni del CTU, deve motivare adeguatamente ed esaurientemente le ragioni che lo inducono a discostarsi dalle valutazioni formulate. Lo stesso obbligo di motivazione incombe sul giudice quando, espletate più consulenze con risultati difformi, ritenga di aderire ad uno dei pareri, a meno che, aderendo alla seconda consulenza, la stessa non abbia già dato conto del perché debba essere disattesa la precedente (da ultimo, Cass. n. 19572/2013); o quando, nell’ambito di un’unica consulenza, opti per una tra le molteplici soluzioni prospettate dal perito.
La CTU espletata in un diverso giudizio fra le stesse od altre parti, può essere apprezzata come principio di prova (Cass. n. 15714/2010), e quindi con valutazione più rigorosa da parte del giudice (Cass. n. 7364/2012).