La prova
Nello svolgimento della sua attività, il consulente deve essere consapevole che il suo lavoro servirà al giudice per il giudizio sul fatto e che il giudice deve attenersi ad alcuni fondamentali princìpi nel governare la prova e nello stabilire quale delle versioni dei fatti debba ritenersi provata.
Il consulente fornisce un ausilio al giudizio sul fatto partecipando quindi indirettamente alla fase decisoria.
E’ necessario perciò che il consulente conosca le fondamentali regole decisorie alle quali dovrà orientare i suoi rapporti con le parti nella fase di indagine.
Lo stesso dicasi per la gestione della fase conciliativa nella quale occorre tenere conto dello stato degli accertamenti e dei risultati progressivamente raggiunti.
Tali risultati vanno commisurati con la posizione delle parti nel processo ed in particolare con il principio dell’onere della prova.
Cosa si intende per prova ?
Le prove sono gli strumenti processuali per mezzo dei quali il giudice forma il suo convincimento circa la verità o la non verità dei fatti affermati dall’una o dall’altra parte.
In realtà la prova è il giudizio finale sui fatti; gli strumenti o i possibili strumenti del giudizio sono i “mezzi di prova”.
La prova come giudizio va poi tenuta distinta dal risultato probatorio o prova raggiunta.
Le regole probatorie che valgono per il giudice debbono valere anche per il CTU il quale, quando opera nel processo, sottosta alla stessa logica argomentativa alla quale è vincolato il giudice.
Il CTU opera pur sempre con il metodo scientifico che non è però estraneo alla logica giudiziale.
Prima fondamentale distinzione: prove precostituite e prove costituende.
La consulenza tecnica è e può essere:
– prova che si può formare fuori dal processo in senso stretto o comunque prima di esso;
In quest’ultimo caso si tratta delle “prove precostituende” che si effettuano prima dell’inizio del processo, come:
– assunzione di testimonianza a futura memoria;
– accertamento tecnico e ispezione giudiziale (art. 696 c.p.c);
– consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite (art. 696 bis c.p.c)
Le norme hanno come scopo quello di fare verificare lo stato dei luoghi o la qualità e condizioni di cose o persone al fine di evitare che vengano dispersi elementi di prova rilevanti nel futuro giudizio di merito.
– prova che si forma nel processo (non esiste prima del processo e sottosta quindi alle regole legali previste per il controllo della sua formazione secondo le regole del giusto processo: art 111 C.).
La consulenza tecnica con la testimonianza è la principale prova che si forma nel processo e non prima.
Ogni prova compresa la consulenza è prevista e regolata dalla legge: la consulenza non è attività libera ma un’attività che apporta conoscenza al processo in modo regolato.
Non è ammessa alcuna prova diversa da quella che la legge espressamente disciplina.
Non esistono regole di ammissibilità o di attribuzione di efficacia diverse da quelle del codice.
In questo senso anche le prove atipiche (ogni prova non prevista dalla legge) sono regolate direttamente o indirettamente dalla legge che ne stabilisce le forme di ammissione e validità (scritti di terzi, prove di altro giudizio, perizia in sede penale, consulenza tecnica assunta in altro processo purché vi sia il contraddittorio nel processo ricevente).
Si parla di prove dirette e indirette:
– prove dirette, idonee a far conoscere immediatamente il fatto da provarsi (testimonianza, documento, confessione, esperimento tecnico, consulenza ecc.).
– prove indirette o per indizi, dalla prova di uno o più fatti e quindi dalla conoscenza di questi si può risalire attraverso un’operazione logica al fatto da provarsi.
L’operazione per cui da un fatto noto si risale logicamente ad un fatto ignoto si chiama “presunzione semplice“.
Il fatto noto è l’indizio: non può essere a sua volta presunto, benché nessuna norma lo vieti.
E’ sufficiente la rilevante probabilità della dipendenza dell’uno (l’ingnoto) dall’altro (il noto) secondo i criteri di regolarità causale.
Il giudice, recita l’art. 2729 c.c., non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti ed esclude il loro impiego nei casi in cui non è ammessa la prova per testimoni (come ad es. nelle ipotesi degli art. 2721, 2722 c.c.).
L’indizio non è propriamente una prova ma un mezzo di elaborazione della prova raggiunta con altri mezzi.
La consulenza tecnica può fare ricorso al ragionamento indiziario purché colleghi tra loro dati tecnici acquisiti con il metodo scientifico.
Di altri dati (ad esempio, dichiarazioni di persone informate) si può tenere conto ma solo all’interno e rispetto al giudizio finale della consulenza, dovendosi dare atto dei criteri di credibilità valutati dal consulente (il quale deve tenere conto dell’intrinseca aleatorietà della prova testimoniale).
Efficacia della prova
– “prova piena” e “prova di verosimiglianza”
Quest’ultima è sufficiente nei processi in cui per la decisione del giudice non si richiede la certezza ma la mera probabilità (es. procedimenti cautelari e procedimenti con sommaria istruzione preliminare).
La consulenza tecnica di parte, propedeutica alla domanda di ammissione di una CTU, può non essere volta alla prova certa ma alla verosimiglianza del fatto da provare.
– “prova” propriamente detta e “argomento di prova”.
L’argomento di prova è desumibile dalle risposte delle parti nel processo, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinato e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo (art. 116 comma 2 c.p.c).
Offre soltanto al giudice elementi di valutazione di altre prove.
Ad esempio:
il giudice può ritenere provato un fatto che il consulente ritiene solamente probabile, ma che sarebbe stato accertato con certezza (o con più alto grado di probabilità) se non si fosse avuto un comportamento ostruzionistico della parte controinteressata.